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martedì 21 giugno 2011

"Romeo e Giulietta" (Giulietta e la fiala)


Addio! Sa il cielo quando c’incontreremo di nuovo. Un vago gelido terrore mi scorre per le vene e par quasi che agghiacci il calore della vita. Le richiamerò indietro perché mi consolino. Balia!... ma che potrebbe fare, qui, per me? Bisogna ch’io reciti da sola la mia lugubre scena… vieni, o fiala…
E che accadrà se questa mistura non avesse alcun effetto? Dovrei dunque sposarmi domattina? No, no… questa lo impedirà… E  se questo fosse del veleno che il frate m’avrebbe somministrato perfidamente per farmi morire, al fine di non patir disonore per queste nozze, dal momento che m’ha già sposata a Romeo? Temo che sia proprio un veleno. Eppure mi vien da pensare che non lo sia perché la persona ha pur sempre avuta la fama di un sant’uomo. E che accadrà se, quando sarò nella tomba, mi sveglierò innanzi che Romeo venga a liberarmi? Ecco un pensiero veramente orribile!
Non resterò io forse soffocata, là, sotto quella volta sotterranea, dentro alla cui fetida bocca non penetra neppure un alito d’aria fresca? Non morirò ivi strozzata innanzi che giunga il mio Romeo? O, se rimango in vita, non è forse probabile che il pensiero della morte e delle tenebre notturne, insieme con il terrore che emana il luogo, quel sotterraneo che da centinaia di anni ha visto ammucchiarsi le ossa di tutti i miei antenati sepolti, là dove Tebaldo insanguinato, ancor fresco di terra, viene man mano putrefacendosi, là dove, come dicono taluni, a una certa ora della notte si dan convegno gli spiriti…
Ahimè, ahimè, non è probabile che io, risvegliandomi prima del dovuto, in quel nauseabondo lezzo, rintronato da strida pari a quelle che mette la mandragola divelta da terra e tali da far smarrire la ragione al mortal che l’ode… se mi sveglio, allora, non diventerò pazza anch’io circondata come sarò da tutti quegli orrori? E, colta da follia, non prenderò forse a baloccarmi con le ossa dei miei padri? Non strapperò io forse al loro sudario le membra straziate di Tebaldo?
E in un accesso di furore, brandendo a guisa d’una clava l’osso d’un qualche mio vecchio antenato e colpendomi con quello il capo, non farò schizzar fuori le mie disperate cervella? Guarda là, mi sembra di vedere lo spettro di mio cugino mentre insegue Romeo ch’ebbe a infilzarlo sulla punta della sua spada. Fermati, fermati Tebaldo! Fermati! Romeo, vengo a te. Questa la bevo a te…



(ilaria antoniani)

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