Vi è un viaggiatore comunissimo, che s’incontra dappertutto, il quale passa da un’attività instancabile, sempre coi segni della più vivace curiosità sul volto, che compie le gite più faticose, che si azzarda nei luoghi più rischiosi, che stanca la pazienza di qualunque compagno di viaggio, che si fa maledire da qualunque cicerone, e che ritorna costantemente, da tutti i punti del globo, da lui minuziosamente visitati, manifestando la soddisfazione più sincera. Se, cortesemente, voi gli chiedete conto delle sue impressioni, egli vi comunicherà, con la massima importanza, e come se vi rivelasse una profonda verità segreta, scoperta solo da lui, che le trattorie sono care a Parigi, che Londra ha una ferrovia metropolitana, che la corsa nei vaporino sul Canal Grande di Venezia costa due soldi, che i battelli russi sono meno celeri di quelli austriaci, e che tutta l’acqua di Oriente non è potabile; nonché altre simili novità preziose e acute, che la sua sagacia ha ritrovate, nei suoi viaggi, a prezzo di fatiche, di tempo, e di denaro. Questo viaggiatore, innocuo, del resto, e talvolta anche simpatico nella sua frivolezza, è numeroso come gli astri del firmamento: ed ha la più completa rassomiglianza con uno dei suoi eleganti bauli,tanto che a me sembra, che rientrando in casa egli si vada a collocare tranquillo, immobile, in un cantuccio oscuro, fino a che un nuovo viaggio non mobiliti i suoi bauli e lui.
Un viaggiatore, meno comune, ma non raro, è colui che domanda continuamente il pittoresco, in ogni breve tappa del suo vagabondaggio: i suoi occhi e la sua fantasia hanno sete di linee, di colori, di tinte sempre sorprendenti: egli chiede alla campagna, alla città, al mare, alle chiese, alle persone, di meravigliarlo, ogni sera e ogni mattina. Il suo non è un cervello, ma una galleria di quadri: il suo spirito non è che un panorama, di cui egli desidera sempre cambiare le immagini. Più tardi, poi, quando egli vorrà percorrere, di nuovo, con la mente, quello che vide, questi quadri, non legati fra loro da un’idea, non congiunti dalla logica di un costante pensiero, dal filo di un sentimento, si confonderanno, sovrapponendosi: fuggito il rapido piacere del senso visivo, non legato lo spirito a una espressione intima, questi ricordi di viaggio si disperderanno: e vano sarà stato il suo lungo errare, di paese in paese.
Ma, io conosco un viaggiatore diverso da tutti gli altri, uomo o donna che sia, giovane, vecchio, povero, ricco: un viaggiatore sentimentale e bizzarro, che obbedisce singolarmente a una curiosità esclusiva, unica, assorbente. Costui, a traversa ai costumi ed ai paesaggi, oltre le foggie e i colori, oltre le leggende della fantasia e le memorie della storia, chiede qualche cosa di più intimo, ai paesi che lo vedono apparire, singolar pellegrino del cuore. Costui, viaggiando, mentre trascura certi aspetti di cose e di persone, che sembrano più importanti, ne ricerca altri più umili, meno interessanti: mentre resta poco tempo in una grande città, si attarda due giorni nell’albergo di un villaggio: mentre non penetra in un museo, è attirato da una fiera campestre: mentre non sa estasiarsi dove tutti si estasiano, ha un grido di ammirazione per qualche cosa che non attira nessuno. Questo viaggiatore silenzioso, capriccioso, ostinato, preso dalla sua singolar ricerca, è colui che vuol vedere palpitar l’anima dei paesi che attraversa. Ogni paese ha un’anima, lo sapete. Dove essa risiede, mai? Chi lo dirà? Inafferrabile e pure reale: fuggitiva e pure onnipresente, fluttuante, fluida, l’anima di un paese è, talvolta, negli occhi delle sue donne, in una sua via, in un paesaggio, a una cert’ora, in un frammento di statua, in un’arme arrugginita, in una canzone, in una parola. È un fiore, talvolta, l’anima di un paese.
(ilaria antoniani)
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