(una pagina un fotogramma una scena)

(una pagina un fotogramma una frase una parola un uomo una donna un bambino una scena un istante un ricordo)

giovedì 30 giugno 2011

"Sei la mia schiavitù sei la mia libertà" - Nazim Hikmet


 
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.

(Nazim  Hikmet)

(ilaria antoniani)

"Mamma mia" - Abba

"Crediamo che l'amore sia l'unica via"


(ilaria antoniani)

"Li burattini" - Trilussa



Guarda li burattini su la scena
co' che importanza pijeno la cosa:
guarda er guerriero ch'aria contegnosa,
come se sbatte bene, come mena!
Vince tutti! E' teribbile! Ma appena
la mano che lo move se riposa,
l'eroe s'incanta e resta in una posa
che spesso te fa ride o te fa pena.
Lo stesso è l'omo. L'omo è un burattino
che fa la parte sua fino ar momento
ch'è mosso da la mano der destino;
ma ammalappena ch'er burattinaro
se stufa de tenello in movimento,
bona notte, Gesù, ch'è l'ojo è caro!
Li burattini, doppo lavorato,
finischeno ammucchiati in un cantone,
tutti in un mazzo, senza fa' questione
sopra la parte ch'hanno recitato.
Così ritrovi er boja abbraccicato
ar prete che je dà l'assoluzzione,
mentre l'eroe rimane a pennolone
vicino a li nemmichi ch'ha ammazzato.
E' solo lì ch'esiste un'uguaglianza
che t'avvicina er povero pupazzo
ar burattino che se dà importanza:
e, unito ner medesimo pensiero,
pare che puro er Re, framezzo ar mazzo,
diventi democratico davero!

(ilaria antoniani)

martedì 28 giugno 2011

"Cabaret"

"Gli farò vedere io! Io diventerò un pianeta anziché una stella!"
"Chissà quanto pagherei perché tu potessi ascoltarti, alle volte, e sentire tutte le cretinate che dici!"

(ilaria antoniani)

domenica 26 giugno 2011

"Cecità" - Josè Saramago

Perchè siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.


Era dunque ben sveglio il primo cieco, e se altra prova fosse stata necessaria, c'era sempre quel biancore offuscante degli occhi che probabilmente soltanto il sonno rabbuiava, ma non si poteva esser certi neppure di questo, dal momento che nessunopoteva essere contemporaneamente addormentato e vigile. Ritenne il primo cieco di aver chiarito finalmente questo dubbio quando, all'improvviso, l'interno delle palpebre gli si fece buio, Mi sono addormentato, pensò, invece no, non si era addormentato, continuava a sentire la voce della moglie del medico, il ragazzino strabico tossì, allora fu colto da una gran paura, credette di essre passato da una cecità all'altra, che dopo aver vissuto nella cecità della luce adesso sarebbe vissuto nella cecità della tenebra, il terrore lo fece gemere, Cos'hai, gli domandò la moglie, e lui rispose stupidamente, senza aprire gli occhi, Sonon cieco, come se fosse l'ultima novità del mondo, lei lo abbracciò affettuosamente, Via, ciechi lo siamo tutti, non c'è niente da fare, Ho visto tutto buio, credevo di essermi addormentato, e invece no, sono sveglio, E' quel che dovresti fare, dormire, non pensarci. Irritato, con l'acida risposta già sulla punta della lingua, aprì gli occhi e vide. Vide e gridò, Vedo. Il primo fu ancora il grido dell'incredulità, ma col secondo, e col terzo, e con tutti gli altri, a poco a poco si rinsaldò l'evidenza, Vedo, vedo, come un pazzo abbracciò la moglie, poi corse dalla moglie del medico e abbracciò pure lei, la vedeva per la prima volta, ma sapeva chi era, e il medico, e la ragazza dagli occhiali scuri, e il vecchio dalla benda nera. La moglie del medico cominciò a piangere, avrebbe dovuto essere contenta e piangeva, come sono curiose le reazioni della gente, chiaro che era contenta, mio Dio, è talmente facile da capire, piangeva perchè di colpo le si era esaurita la resistenza mentale, era come una bimba appena nata e questo pianto era il suo primo e ancora inconsapevole vagito. Il cane delle lacrime le si avvicinò, questo cane sa sempre quando qualcuno ha assoluto bisogno di lui, perciò la moglie del medico gli si aggrappò, non perchè non volesse bene al marito, ma il quel momento fu talmente intensa la sua impressione di solitudine, talmente insopportabile da sembrarle che solo avrebbe potuto mitigarla quella strana sete con cui il cane beveva le sue lacrime.


(ilaria antoniani)

sabato 25 giugno 2011

"Sotto cieli noncuranti" - Benedetta Cibrario


Il mondo è fatto di dettagli. Noi siamo un agglomerato di dettagli.
Siamo una manciata di neve fresca che si scoglie al calore della mano.
Palline di mercurio, sensazioni imprecisate, trascuratezze, minuti evaporati. Mezze frasi a cui non si è prestata attenzione, facce di cui non si ricorda più l’espressione. Avvertimenti. Segnali. Intuizioni. Paure, premonizioni, fesserie, sogni che si infrangono e sogni che si avverano, siamo gli oggetti che intasano le nostre case, le memorie che si accavallano e perdono di senso, fuse come in un significato nuovo.
Siamo le disattenzioni. Le conseguenze. Le fortune immeritate. Le sventure.
Siamo addormentati sotto cieli noncuranti, cieli che sono ovunque benché la neve li nasconda allo sguardo, come a proteggerli dalle domande di fuoco che incendiano la testa.
Avrei soltanto voluto avere il tempo di spiegare a un bambino dalle ciglia scure che i semi di melagrana sono traslucidi e che i bottoni di madreperla un tempo sono stati conchiglie cullate dal mare.
E che non siamo capaci di volare. Non lo saremo mai.

Benedetta Cibrario

(ilaria antoniani)

venerdì 24 giugno 2011

"Questo lato della verità" - Dylan Thomas

Questo lato della verità,
Non puoi vederlo, figlio mio,
Re dei tuoi occhi azzurri nel paese
Dell'accecante gioventù,
Che ogni cosa è annientata,
Sotto i cieli noncuranti,
D'innocenza e di colpa
Prima che tu ti accinga
A un gesto del cuore o della mente,
Esso è colto e disperso
Nel buio turbinante
Come la polvere dei morti.

Dylan Thomas Questo lato della verità

This side of the truth,
You may not see, my son,
King of your blue eyes
In the blinding country of youth,
That all is undone,
Under the unminding skies,
Of innocence and guilt
Before you move to make
One gesture of the heart or head,
Is gathered and spilt
Into the winding dark
Like the dust of the dead.

Dylan Thomas

(ilaria antoniani)

giovedì 23 giugno 2011

"Ti amo come se mangiassi il pane" - Nazim Hikmet



Ti amo come se mangiassi il pane
spruzzandolo di sale
come se alzandomi la notte bruciante di febbre
bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
ti amo come guardo il pesante sacco della posta
non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
pieno di sospetto agitato
ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.

Nazim Hikmet

(ilaria antoniani)

martedì 21 giugno 2011

"Per Tina Modotti" - Pablo Neruda


Tina Modotti, sorella, non dormi, no, non dormi:
forse il tuo cuore sente crescere la rosa
di ieri, l'ultima rosa di ieri, la rosa nuova.
Riposa dolcemente, sorella.

La nuova rosa è tua, tua è la nuova terra:
ti sei messa un nuovo vestito di seme profondo
e il tuo soave silenzio si colma di radici.
Non dormirai invano, sorella.

Puro è il tuo dolce nome, pura è la tua fragile vita:
d'ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma;
d'acciaio, linea, polline, si costruì la tua ferrea,
esile struttura.

Lo sciacallo sul tuo prezioso corpo addormentato
protende la penna e l'anima insanguinate
come se tu potessi, sorella, levarti
sorridendo al di sopra del fango.

Nella mia patria ti porto perché non ti sfiorino
nella mia patria di neve perché alla tua purezza
non giunga l'assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
laggiù starai in pace.

Lo senti quel passo, un passo pieno di passi, qualcosa
di grandioso che viene dalla steppa, dal Don, dal freddo?
Lo senti quel passo fiero di soldato sulla neve?
Sorella, sono i tuoi passi.

E passeranno un giorno dalla tua piccola tomba
prima che le rose di ieri appassiscano;
passeranno per vedere quelli di un giorno, domani,
dove stia ardendo il tuo silenzio.

Un mondo marcia verso dove andavi tu, sorella.
Ogni giorno cantano i canti delle tue labbra
sulle labbra del popolo glorioso che tu amavi.
Col tuo cuore valoroso.
Nei vecchi focolari della tua patria, sulle strade
polverose, una parola passa di bocca in bocca
qualcosa riaccende la fiamma delle tue adorate genti,
qualcosa si sveglia e comincia a cantare.

Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il nome tuo
noi che da ogni luogo delle acque e della terra
col tuo nome altri nomi taciamo e pronunciamo.
Perché il fuoco non muore.


(Pablo Neruda)


(ilaria antoniani)

Farfalla



(ilaria antoniani)

"Romeo e Giulietta" (Giulietta e la fiala)


Addio! Sa il cielo quando c’incontreremo di nuovo. Un vago gelido terrore mi scorre per le vene e par quasi che agghiacci il calore della vita. Le richiamerò indietro perché mi consolino. Balia!... ma che potrebbe fare, qui, per me? Bisogna ch’io reciti da sola la mia lugubre scena… vieni, o fiala…
E che accadrà se questa mistura non avesse alcun effetto? Dovrei dunque sposarmi domattina? No, no… questa lo impedirà… E  se questo fosse del veleno che il frate m’avrebbe somministrato perfidamente per farmi morire, al fine di non patir disonore per queste nozze, dal momento che m’ha già sposata a Romeo? Temo che sia proprio un veleno. Eppure mi vien da pensare che non lo sia perché la persona ha pur sempre avuta la fama di un sant’uomo. E che accadrà se, quando sarò nella tomba, mi sveglierò innanzi che Romeo venga a liberarmi? Ecco un pensiero veramente orribile!
Non resterò io forse soffocata, là, sotto quella volta sotterranea, dentro alla cui fetida bocca non penetra neppure un alito d’aria fresca? Non morirò ivi strozzata innanzi che giunga il mio Romeo? O, se rimango in vita, non è forse probabile che il pensiero della morte e delle tenebre notturne, insieme con il terrore che emana il luogo, quel sotterraneo che da centinaia di anni ha visto ammucchiarsi le ossa di tutti i miei antenati sepolti, là dove Tebaldo insanguinato, ancor fresco di terra, viene man mano putrefacendosi, là dove, come dicono taluni, a una certa ora della notte si dan convegno gli spiriti…
Ahimè, ahimè, non è probabile che io, risvegliandomi prima del dovuto, in quel nauseabondo lezzo, rintronato da strida pari a quelle che mette la mandragola divelta da terra e tali da far smarrire la ragione al mortal che l’ode… se mi sveglio, allora, non diventerò pazza anch’io circondata come sarò da tutti quegli orrori? E, colta da follia, non prenderò forse a baloccarmi con le ossa dei miei padri? Non strapperò io forse al loro sudario le membra straziate di Tebaldo?
E in un accesso di furore, brandendo a guisa d’una clava l’osso d’un qualche mio vecchio antenato e colpendomi con quello il capo, non farò schizzar fuori le mie disperate cervella? Guarda là, mi sembra di vedere lo spettro di mio cugino mentre insegue Romeo ch’ebbe a infilzarlo sulla punta della sua spada. Fermati, fermati Tebaldo! Fermati! Romeo, vengo a te. Questa la bevo a te…



(ilaria antoniani)

lunedì 20 giugno 2011

"Arrendersi al corpo" - Il processo dell'analisi bioenergetica

 "Io credo che siamo diventati una nazione di sopravvissuti, tanto spaventati dalla malattia e dalla morte da essere incapaci di vivere come persone libere"


Da qualche parte, nel profondo di ciascuno di noi, c'è il bambino che era innocente e libero e che sapeva che il dono della vita era il dono della felicità. L'infanzia, quando sia normale e sana, è caratterizzata da due qualità che portano alla gioia: libertà e innocenza. Il nostro comportamento e le nostre espressioni sono controllati, invece, da un Super-Io che ha il suo decalogo di ciò che si deve Fare e Non-Fare e il potere di punire se vengono violati i suoi comandamenti. Il Super-Io è l'interiorizzazione del genitore "autoritario". Però funziona sotto il livello della coscienza per cui non siamo consapevoli che le limitazioni che impone al nostro sentire e alle nostre azioni non sono il frutto della nostra volontà. Detronizzare il Super-Io e recuperare la propria libertà di espressione non trasforma l'individuo in un essere incivile: è invece la condizione per essere un membro responsabile della società, una persona veramente morale. Solo una persona libera è capace di rispettare i diritti e la libertà degli altri.



(ilaria antoniani)

sabato 11 giugno 2011

"Vergogna" di J.M. Coetzee

Per un uomo della sua età, divorziato, gli sembra di aver risolto il problema del sesso piuttosto bene. Il giovedì pomeriggio va in macchina a Green Point. Alle due in punto preme il campanello all'ingresso di Windsor Mansions, dice il suo nome ed entra. Sulla porta del n. 113 lo aspetta Soraya. David attraversa la camera, che profuma di buono e ha una luce soffusa, e si spoglia. Soraya esce dal bagno, lascia cadere l'accappatoio e s'infila nel letto accanto a lui. - Ti sono mancata? - gli domanda. - Mi manchi sempre - risponde David. Le accarezza la pelle color del miele, senza i segni del sole; la fa distendere, le bacia il seno; fanno all'amore.
Soraya è alta e snella, con lunghi capelli neri e occhi scuri e liquidi. Tecnicamente ha l'età per essere suo padre; d'altronde, tecnicamente, si può essere padri a dodici anni. E' suo cliente da più di un anno; la trova di sua completa soddisfazione. Nel deserto della settimana, il giovedì è diventato un'oasi.
A letto Soraya non è esuberante. In realtà ha un'indole assai tranquilla, tranquilla e docile. Le sue opinioni generali sono sorprendentemente moralistiche. Come riesce a conciliare le sue opinioni con questo tipo di lavoro David non glielo chiede.
Perchè Soraya gli dà piacere, poichè questo piacere è inesauribile, ha cominciato a provare un certo affetto per lei. Ed è convinto che, in parte, l'affetto sia ricambiato. L'affetto non è amore ma se non altro è suo parente stretto. Per novanta minuti la paga quattrocento rand, metà dei quali finiscono alla Discreet Escorts.
Davide si è trastullato con l'idea di chiederle di vedersi quando è libera. Gli piacerebbe passare una serata con lei, magari una notte intera. Ma non la mattina dopo. Si conosce troppo bene per costringerla a fermarsi fino alla mattina dopo, quando è freddo, burbero, impaziente di restare solo.
David gode di buona salute, la sua mente è lucida. Di professione è - o è stato - uno studioso e l'erudizione, a tratti, lo avvince ancora. E' felice? Secondo i normali criteri di valutazione, sì, ne è convinto. Ma non ha dimenticato l'ultimo coro dell'Edipo: non dire di un uomo che è felice finchè non è morto. Non provando alcun rispetto per la materia che insegna, non riesce a lasciare il segno sugli studenti. Quando parla, i loro occhi lo attraversano senza vederlo, dimenticano il suo nome. La loro indifferenza lo irrita più di quanto voglia ammettere.
La prima volta Soraya aveva un rossetto vermiglio e un pesante ombretto intorno agli occhi. Non piacendogli l'appiccicaticcio del trucco, David le ha chiesto di toglierlo. Soraya ha ubbidito e da allora non si è mai più truccata. E' stupito che novanta minuti la settimana in compagnia di una donna siano sufficienti a renderlo felice. Le sue necessità si stanno rivelando assai lievi, in fondo, lievi e passeggere come quelle di una farfalla.
Gli viene in mente Emma Bovary che ritorna a casa sazia, con lo sguardo appannato, dopo un pomeriggio di scopate selvagge. <<Questa è dunque la felicità! - esclama Emma guardandosi meravigliata allo specchio - Questa dunque è la felicità di cui parlano i poeti!>>. Beh, se mai il povero spettro di Emma dovesse capitare dalle parti di Città del Capo un giovedì pomeriggio, se lo porterà dietro per mostrargli come può essere la felicità: moderata, molto moderata.


(ilaria antoniani)

La Canzone del Piccolo Principe

"L'essenziale è invisibile agli occhi"
 

(ilaria antoniani)

venerdì 10 giugno 2011

"Una donna" di Sibilla Aleramo


[…] E incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale.
Come può un uomo che abbia avuto una buona madre divenir crudele verso i deboli, sleale verso una donna a cui dà il suo amore, tiranno verso i suoi figli?
Ma la buona madre non deve essere come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve essere una donna, una persona umana. E come può diventare una donna, se i parenti la danno, ignara, debole e incompleta, a un uomo che non la riceve come una sua uguale; ne usa come d´un oggetto di proprietà; le dà dei figli coi quali l´abbandona sola,mentr’egli compie i suoi doveri sociali, affinché continui a baloccarsi come nell’infanzia?
Dacché avevo letto uno studio sul movimento femminile in Inghilterra e in Scandinavia, queste riflessioni si sviluppavano nel mio cervello con insistenza. Avevo provato subito una simpatia per quelle creature esasperate che protestavano in nome della dignità di tutte sino a recidere in sé i piú profondi istinti, l’amore, la maternità, la grazia. Sempre più il mio pensiero cadeva sulla parola emancipazione, che ricordavo di avere sentito nella mia infanzia, da mio padre seriamente, ma poi sempre con derisione da ogni classe di uomini e di donne.
Indi avevo paragonato a quelle ribelli la gran folla delle donne inconsapevoli, delle rassegnate, il tipo di donna plasmato nei secoli per la soggezione, e di cui io, le mie sorelle, mia madre, tutte le creature femminili da me conosciute,eravamo degli esemplari.
Un fatto di cronaca mi indusse un giorno di scrivere un articoletto e a mandarlo a un giornale di Roma che lo pubblicò. Era in quello scritto la parola femminismo, e quella parola, dal suono cosí aspro mi indicò un ideale nuovo, che io cominciavo ad amare come qualcosa migliore di me.
VIVERE! Ormai lo volevo, non piú solo per mio figlio,
ma per me, per tutti.

(ilaria antoniani)

venerdì 3 giugno 2011

"La stazione" di Wislawa Szymborska

Il mio arrivo nella città di N.
è avvenuto puntualmente.

Eri stato avvertito
con una lettera non spedita.

Hai fatto in tempo a non venire
all'ora prevista.

Il treno è arrivato sul terzo binario.
E' scesa molta gente.

L'assenza della mia persona
si avviava verso l'uscita tra la folla.

Alcune donne mi hanno sostituito
frettolosamente
in quella fretta.

A una è corso incontro
qualcuno che non conoscevo,
ma lei lo ha riconosciuto
immediatamente.

Si sono scambiati
un bacio non nostro,
intanto si è perduta
una valigia non mia.

La stazione della città di N.
ha superato bene la prova
di esistenza oggettiva.

L'insieme restava al suo posto.
I particolari si muovevano
sui binari designati.

E' avvenuto perfino
l'incontro fissato.

Fuori dalla portata
della nostra presenza.

Nel paradiso perduto
della probabilità.

Altrove.
Altrove.
Come risuonano queste piccole parole. 

(Wislawa Szymborska)

 

 (ilaria antoniani)

giovedì 2 giugno 2011

"La cipolla" di Wislawa Szymborska

La cipolla è un'altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.

In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d'inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla - cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.

Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell'una ecco sta l'altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un'eco in coro composta.

La cipolla, d'accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi - grasso, nervi, vene,
muchi e secrezioni.
E a noi resta negata
l'idiozia della perfezione.


(Wislawa Szymborska)


(ilaria antoniani)